Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione, cambiando parzialmente il proprio orientamento, ha inteso fare chiarezza sui numerosi profili giuridici che sottendono la materia, così da scrivere praticamente un decalogo delle norme e dei principi applicabili in caso di sinistro stradale provocato da fauna selvatica.
La Regione Abruzzo, soccombente nei gradi di merito, era ricorsa in Cassazione affinché questa, in riforma della impugnata sentenza del giudice di appello, dichiarasse la propria carenza di legittimazione passiva della Regione e rivalutasse il profilo di responsabilità individuato dai giudici di merito.
Il giudice di legittimità in primo luogo ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale e dottrinale sino ad oggi prevalente, che rende particolarmente difficoltoso al danneggiato l’esercizio dei propri diritti nei confronti della Pubblica Amministrazione.
Le questioni di rilevanza sono sempre state sostanzialmente due: da un lato l’individuazione della corretta norma civilistica su cui fondare la domanda risarcitoria, dall’altro l’identificazione del soggetto legittimato passivo da convenire in giudizio.
Quanto al primo aspetto, l’orientamento prevalente formatosi negli anni passati aveva individuato nell’art. 2043 c.c., e non nel 2052, la norma di riferimento da applicare nei casi di sinistri provocati dalla fauna selvatica, con la conseguenziale maggior difficoltà per il danneggiato di provare la responsabilità dell’ente custode della fauna.
L’art. 2052 cc [1](Danno cagionato da animali) afferma infatti che il custode di un animale risponde dei danni da questo provocato, salvo dimostri che il sinistro sia stato causato da caso fortuito. Si tratta quindi di una responsabilità oggettiva, essendo assai difficile per l’ent pubblico provare il fortuito. Tuttavia si era ritenuto che la norma non fosse applicabile alla fauna selvatica, essendo la stessa al di fuori di un possibile ed effettivo controllo da parte dell’ente pubblico (regione – provincia). Si era così ripiegato sulla responsabilità generica per fatto illecito di cui all’art. 2043 c.c.
Quanto al secondo tema, ovvero la corretta individuazione dell’ente responsabile, la difficoltà per il danneggiato è sempre dipesa dalla circostanza che la gestione della fauna, pur essendo principalmente di competenza delle Regioni, spesso viene delegata alle Province, con la conseguente difficoltà di reperimento dei regolamenti e delle deleghe interne tra Regione e Provincia.
Alla luce delle difficoltà interpretative evidenziate dalla prima parte della sentenza, la Corte ha inteso dettare nuovi precisi e univoci criteri orientativi che di seguito riportiamo:
- Non ha fondamento la tesi, sino ad ora prevalente, secondo cui l’art. 2052 c.c. non riguarda i danni provocati dalla fauna selvatica, stante la difficoltà di custodia della stessa. Invero, rileva la Corte, il 2052 cc si applica anche per gli animali smarriti o fuggiti, a prescindere dunque dall’effettiva custodia. Ciò che viene in rilievo è dunque la proprietà o l’utilizzazione dell’animale[2] . Non applicare la specifica norma del 2052 c.c. nel caso summenzionato si risolve in un ingiustificato privilegio riservato alla pubblica amministrazione.
- La Pubblica Amministrazione deve soggiacere alle stesse regole codicistiche valevoli tra i cittadini, così come già avviene per l’art. 2041 c.c. (arricchimento senza causa) e l’art. 2051 c.c. (danni da custodia per le anomalie delle strade pubbliche) [3].
- Se il danno è stato cagionato da un animale selvatico appartenente ad una specie protetta rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato (Legge n. 157 del 1992), il soggetto pubblico tenuto a risponderne nei confronti dei privati danneggiati è la Regione, a prescindere da eventuali deleghe alle Province.
- Al danneggiato (attore) spetta comunque l’onere di dimostrare che l’animale appartiene ad una specie protetta rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato, l’onere di dimostrare la dinamica del sinistro, nonché il nesso causale tra la condotta dell’animale e l’evento dannoso subito.
- Il danneggiato automobilista dovrà anche dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il sinistro, altrimenti potrebbe essere ritenuto corresponsabile dell’evento e vedersi ridotto il risarcimento ai sensi dell’art. 2054, 1 co c.c. e 1227, 1 co. C.c.[4].
- La Regione, per rimanere indenne della richiesta risarcitoria, dovrà dare la prova che la condotta dell’animale si sia posta del tutto al di fuori della sua sfera di possibile controllo, come causa autonoma ed eccezionale dell’evento [5].
In definitiva si può
affermare che la sentenza qui illustrata ha il pregio della chiarezza e assicura
al danneggiato maggiori opportunità di fruire di un processo lineare e meno insidioso.
[1] “Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”
[2] “ Inoltre, esso prescinde dalla sussistenza di una situazione di effettiva custodia dell’animale da parte dell’uomo, come si desume dallo stesso tenore letterale della disposizione, là dove prevede espressamente che la responsabilità del proprietario o dell’utilizzatore sussiste sia che l’animale fosse «sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito». Si tratta dunque di un criterio di imputazione della responsabilità fondato (non sulla “custodia”, ma) sulla stessa proprietà dell’animale e/o comunque sulla sua utilizzazione da parte dell’uomo per trarne utilità”.
[3] “Un percorso analogo è del resto già avvenuto – nella giurisprudenza di questa Corte – con riguardo ad altre simili fatti
specie, quali la proponibilità dell’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti degli enti pubblici, ai sensi dell’art. 2041 c.c., o la stessa responsabilità oggettiva per i danni causati da cose in custodia, con riguardo ai beni demaniali, ai sensi dell’art. 2051 c.c., fattispecie astratta quest’ultima che presenta innegabili profili di analogia con quella di cui all’art.2052 c.c.”
[4] “Ai sensi dell’art. 2054, comma 1, c.c., in caso di incidenti stradali il conducente del veicolo è comunque onerato della prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, quest’ultimo – per ottenere l’integrale risarcimento del danno che allega di aver subito – dovrà anche allegare e dimostrare l’esatta dinamica del sinistro, dalla quale emerga che egli aveva nella specie adottato ogni opportuna cautela nella propria condotta di guida e che la condotta dell’animale selvatico abbia avuto effettivamente ed in concreto un carattere di tale imprevedibilità ed irrazionalità per cui, nonostante ogni cautela, non sarebbe stato comunque possibile evitare l’impatto, di modo che essa possa effettivamente ritenersi causa esclusiva (o quanto meno concorrente) del danno”.
[5] “Laddove, in altri termini, la Regione dimostri che la condotta dell’animale, che sia stato dimostrato dall’attore essere la causa del danno, non era ragionevolmente prevedibile (avendo ad esempio assunto carattere di eccezionalità rispetto al comportamento abituale della relativa specie) o comunque, anche se prevedibile, non sarebbe stata evitabile neanche ponendo in essere le più adeguate misure di gestione e controllo della fauna selvatica e di cautela per i terzi, comunque compatibili con la funzione di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema cui la protezione della fauna selvatica è diretta, che naturalmente richiede che gli animali selvatici vivano in stato di libertà e non in cattività (come nel caso di comportamenti degli animali oggettivamente non controllabili, quali ad esempio il volo degli uccelli), andrà senz’altro esente da responsabilità”.