Pubblico di seguito un breve testo poetico di Eddy Bruno, talentuoso poeta che ho avuto modo di conoscere recentemente.

Ho ricevuto più volte Eddy Bruno presso il mio studio per motivi professionali. Durante una delle nostre conversazioni, non ricordo come, forse perché la sua attenzione era stata attratta da un libro di poesie di Pasolini, Le Ceneri di Gramsci, posato in un angolo della mia disordinata scrivania, abbiamo cominciato a discorrere di poesia, suggerendoci l’un l’altro autori e testi poetici.

E’ nata così tra noi, in forza delle nostre affinità, una inaspettata confidenza intellettuale, tanto che poco dopo abbiamo condiviso una rappresentazione teatrale dei “Lirici greci” tenutasi presso il  Teatro Erba di Torino .

Di sé stesso Eddy Bruno scrive:

Eddy Bruno (1975), è uno dei tanti umani che Cultura attende instancabile, come figlia il padre costantemente impegnato a fare altro.

Talvolta egli s’arrende finalmente al leggere, allo scrivere. Infatti il cammino verso sé ha una brama vivida, consapevole, spudorata: la Via vuole essere trovata o creata, come ci suggerisce Carl Gustav Jung, come ci invita Tomás István Szász, e molte altre voci. Anzi meglio ancora, come ci esorta Ἁννίβας (purtroppo siamo stati così vergognosamente negligenti da improbare la lingua punica, e così di lui il nome originale è tra le dolci cose dimenticate).

Negli ultimi anni, Eddy Bruno si è ritrovato tra i simboli del panorama filosofico della psicologia analitica, e si è perduto nella visione oceanina della poesia, tanto da non saper più scegliere quali parole abbracciare più strette.

Attualmente aspira ad essere sentinella (in bozza lo è per etimologia anagrafica) come Hsiang il guardiano, colui che custodisce i libri, il bibliotecario che non sa leggere cantato da Jorge Luis Borges. Vagabondo nell’Infinita Biblioteca, rovista qua e là tra gli scaffali. Talvolta confonde la percezione, il desiderio e la vertigine d’esser più impolverato lui dei volumi stessi. In quei momenti lo rassicura il maestro che seppe ardere: chi vede in sé tutte le cose, è tutte le cose”.

 

La poesia dice la verità

 

La poesia dice la verità

quando nessuno vuole ascoltarla,

quando la verità non è invitata

quando la verità neppure serve.

 

Poi tutto scorre, e ha trascinato via con sé il resto, e parlarne è ormai completamente inutile, come un gioco.

Solo allora, qualcuno le presta ascolto commosso:

è sempre fuori luogo, la poesia.