In poco più di sei mesi dall’entrata in vigore della Legge Gelli  n.24/2017, di riforma dell’assetto della responsabilità medica precedentemente disciplinato dalla Legge Balduzzi  n. 189/2012, si è subito registrato un conflitto giurisprudenziale sull’interpretazione dell’art. 6   che ha introdotto nel codice penale l’art. 590 sexies:  l quale recita:   “Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.   Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilita’ e’ esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto»

Secondo una prima pronuncia, Cass.Pen.n. 28187/2017, la previgente disciplina sarebbe più favorevole, poiché esclude “la rilevanza penale delle condotte connotate da colpa lieve in contesti regolati da linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, mentre quella sopravvenuta ha eliminato al distinzione tra colpa lieve e colpa grave ai fini dell’attribuzione dell’addebito, dettando al contempo una nuova articolata disciplina in ordine alle linee guida che costituiscono il parametro per la valutazione della colpa per imperizia in tutte le sue manifestazioni“;

La successiva sentenza Cass. Pen.n.50078/17, ha espresso invece un giudizio opposto ritenendo più favorevole la  nuova disciplina, prevedendo “una causa di esclusione della punibilità dell’esercente la professione sanitaria operante, ricorrendo le condizioni previste dalla disposizione normativa (rispetto delle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinico-assistenziali adeguate alla specificità del caso), nel solo caso di imperizia, indipendentemente dal grado della colpa”.

A fronte di dette incertezze interpretative il presidente della Quarta Sezione aveva richiesto d’ufficio, l’assegnazione del ricorso alle Sezioni unite, le quali si sono pronunciate all’udienza pubblica del 21 dicembre 2017 nei termini che seguono :

“L’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica:

  1. a) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da negligenza o imprudenza;
  2. b) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia: 1) nell’ipotesi di errore rimproverabile nell’esecuzione dell’atto medico quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o, in mancanza, dalle buone pratiche clinico-assistenziali; 2) nell’ipotesi di errore rimproverabile nella individuazione e nella scelta di linee guida o di buone pratiche che non risultino adeguate alla specificità del caso concreto, fermo restando l’obbligo del medico di disapplicarle quando la specificità del caso renda necessario lo scostamento da esse;
  3. c) se l’evento si è verificato per colpa (soltanto “grave”) da imperizia nell’ipotesi di errore rimproverabile nell’esecuzione, quando il medico, in detta fase, abbia comunque scelto e rispettato le linee-guida o, in mancanza, le buone pratiche che risultano adeguate o adattate al caso concreto, tenuto conto altresì del grado di rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche dell’atto medico”.

I concetti più rilevanti sono dunque i seguenti.

E’ esclusa la imputabilità (nei casi previsti) solo con riguardo alla  imperizia e non alla negligenza ed imperizia.

Anche nel caso di imperizia, non è esclusa  l’imputabilità :

– quando essa è connotata da colpa grave pur nel rispetto delle linee guida;

– nell’ipotesi di errore esecutivo, qualora il caso concreto non sia regolato da linee-guida o buone pratiche;

– nell’ipotesi di errore esecutivo allorquando siano state individuate erroneamente linee guida

La sentenza in richiamo risolve dunque, sotto un profilo pratico, il caso richiamato dalla stessa sentenza 28187/2017, in cui il medico, nel praticare un intervento secondo tutte le modalità previste dalle  linee guida, abbia grossolanamente, con una manovra manuale errata, tranciato un’arteria femorale provocando la morte del paziente.