Pubblichiamo la decisione n. 1656 del 19/06/2019, con la quale l’Arbitro per le Controversie Finanziarie ha recentemente accolto il ricorso presentato dal nostro studio in  difesa di un cliente al quale la propria banca aveva proposto  l’acquisto di fondi obbligazionari ad alto rischio di volatilità.   Il prodotto finanziario era stato consigliato al cliente anche se aveva già dato segnali di instabilità e nonostante la circostanza che  non fosse indicato in base alla profilatura del cliente.  Inoltre la profilatura era palesemente errata e non aggiornata, essendo quindi mancata del tutto una diligente analisi di adeguatezza del prodotto rispetto la tipologia dell’investitore.

La banca è stata condannata a rifondere, a titolo di danni, una somma pari alla differenza tra quanto investito nell’ acquisto delle quote del fondo e il loro valore al tempo in cui ha preso coscienza della reale rischiosità dell’investimento.

Di seguito il provvedimento.

 ARBITRO PER LE CONTROVERSIE FINANZIARIE

Il Collegio

composto dai signori

Dott. G. E. Barbuzzi – Presidente

Prof. M. Rispoli Farina – Membro Cons.

Avv. D. Morgante – Membro

Prof. Avv. G. Guizzi – Membro

Prof. Avv. G. Afferni – Membro

Relatore: Prof. Avv. G. Afferni

nella seduta del 28 marzo 2019, in relazione al ricorso n. 1535, presentato dal Sig. ………i (di seguito il ricorrente) nei confronti di Banca………….s.p.a. (di seguito l’intermediario convenuto o resistente), dopo aver esaminato la documentazione in atti, ha pronunciato la seguente decisione.

FATTO

  1. Il ricorrente riferisce di avere acquistato in data 23 marzo 2015, su raccomandazione dell’intermediario convenuto, quote del fondo Morgan Stanley Diversified Alpha Plus F “B” per un controvalore di € In merito a tale operazione il ricorrente contesta all’intermediario convenuto l’inadeguatezza dell’investimento proposto, rilevando che: i) all’epoca dell’operazione era in mobilità, essendo stato licenziato nel 2014; ii) non aveva alcuna competenza ed esperienza in materia di investimenti finanziari, essendo un semplice “addetto alle vendite” di una società, con la sola terza media quale titolo di studio; iii) aveva un reddito annuo di solamente € 1.454,00; iv) pur a fronte di ciò, sarebbe stato indotto ad investire tutti i propri risparmi in uno strumento finanziario molto rischioso (con un livello di rischio pari a 5, su una scala da 1 a 7). Per effetto di ciò, il ricorrente chiede la restituzione dell’intero capitale investito, previa dichiarazione di nullità, annullamento o risoluzione dell’ordine di acquisto, e in ogni caso il risarcimento della perdita subita sull’investimento, che quantifica in €                  .
  2. L’intermediario convenuto resiste al ricorso. Contesta che l’operazione fosse inadeguata, a questo proposito rilevando che il ricorrente era stato sottoposto a profilatura nel 2014 e nel 2015 (in occasione dell’investimento contestato) e che in entrambe le occasioni era emerso il profilo di un investitore esperto, con un profilo di rischio medio–alto e un patrimonio ricompreso tra i 10.000,00 e i 250.000,00. Inoltre, il resistente contesta l’eccessiva concentrazione scaturitane, rilevando che all’epoca il resistente risultava possedere anche quote di un altro fondo comune. Infine e ad ogni buon conto, contesta l’entità della pretesa risarcitoria del ricorrente, rilevando che egli avrebbe avuto l’onere di rivendere le quote non appena resosi conto della reale loro rischiosità, e ciò già in occasione dell’invio dell’estratto conto del 31 dicembre 2015, quando le quote avevano già subito una perdita di € Tutto ciò premesso, il resistente chiede che il ricorso sia rigettato.
  3. Nelle deduzioni integrative, il ricorrente insiste nelle proprie argomentazioni. In particolare, contesta l’attendibilità della profilatura MiFID del 2015, per essere del tutto identica a quella del 2014, nonostante nel frattempo egli fosse stato licenziato e avesse quindi subito una radicale riduzione di reddito. Inoltre, il ricorrente contesta di possedere il patrimonio riportato nella scheda MiFID, ribadendo che egli ha finito con l’investire l’intero proprio patrimonio (con la sola eccezione di una quota di comproprietà di un piccolo appartamento) nelle quote oggetto del ricorso. Il ricorrente contesta anche di avere un’elevata competenza ed esperienza in materia di investimenti finanziari, rilevando che, prima di essere licenziato, egli lavorava presso la cassa di un supermercato, come anche di avere avuto l’onere di rivendere le quote non appena resosi conto della loro reale rischiosità, in quanto, da una parte, sarebbe stato lo stesso resistente a dissuaderlo di procedere in tal senso e, dall’altra parte, che ove le avesse rivendute si sarebbe comunque esposto alle critiche del resistente, ma di segno opposto. Il ricorrente insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
  4. Nelle repliche finali, il resistente ribadisce nelle proprie precedenti difese. In particolare, rileva che la scheda MiFID del 2015 riproduceva fedelmente quanto dichiarato dal ricorrente in occasione della profilatura. Il resistente reitera, pertanto, l’istanza di rigetto del ricorso.

DIRITTO

  1. Il ricorso è fondato entro i limiti e per le ragioni di seguito rappresentati. In via preliminare, rileva il Collegio che è infondata la domanda di restituzione dell’intero capitale investito previa dichiarazione di nullità o annullamento dell’ordine di acquisto. Infatti, nel caso di specie, il ricorrente si limita a contestare l’inadeguatezza di un’operazione finanziaria rispetto al suo profilo, il che non può essere posto a base di una domanda di nullità in quanto, come affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 26725 del 19 dicembre 2007, la mera violazione di una regola di condotta nella prestazione di un servizio di investimento non determina la nullità dell’operazione di investimento. Risulta infondata anche la domanda di annullamento dell’ordine di investimento per vizio del consenso, dal momento che il ricorrente non ha, nel caso di specie, allegato, né tanto meno provato, la sussistenza di uno dei presupposti necessari per procedere in tal senso, quale l’esistenza di un errore essenziale e riconoscibile o il dolo del resistente.
  2. E’ fondata, invece, e assorbente di ogni altra pretesa del ricorrente, la domanda di risarcimento del danno. Infatti, nel caso di specie, l’intermediario convenuto non ha dimostrato di avere agito con tutta la specifica diligenza richiesta, avendo cura di raccomandare al ricorrente un’operazione concretamente adeguata rispetto al suo reale profilo di investitore. Dalla documentazione in atti risulta che il resistente ha sottoposto il ricorrente a una nuova profilatura lo stesso giorno in cui è stata disposta l’operazione contestata, dai contenuti meramente riproduttiva della precedente profilatura del 2014, e ciò nonostante le condizioni economiche del ricorrente fossero nel frattempo significativamente mutate, in particolare per il venir meno del rapporto di lavoro preesistente. Dalla stessa documentazione risulta, anche, che l’intermediario aveva raccomandato al ricorrente di investire quasi l’intero proprio portafoglio in un titolo altamente rischioso (con un livello di rischio pari a 5 su una scala da 1 a 7). Complessivamente, quindi, emergono, nel caso di specie, elementi sufficientemente gravi precisi e concordanti per ritenere che il resistente non abbia servito al meglio l’interesse del cliente, avendo cura di sottoporlo a una profilatura accurata e, soprattutto, di indirizzare le sue scelte di investimento verso operazioni realmente adeguate al suo profilo ed alla sua propensione al rischio in quel frangente particolare della sua vita, stante l’intervenuta perdita del posto di lavoro.
  3. Ritenuto, pertanto, che il resistente abbia raccomandato al ricorrente un investimento non adeguato al suo profilo, questi ha diritto al risarcimento della differenza tra quanto investito nell’acquisto delle quote del fondo (pari a €            ) e il loro valore al tempo in cui ha preso coscienza o avrebbe potuto prendere coscienza con l’uso dell’ordinaria diligenza della reale rischiosità dell’investimento. Nel caso di specie, si ritiene che il ricorrente abbia potuto prendere piena consapevolezza di ciò all’atto del reclamo, allorquando le quote del fondo di che trattasi facevano registrare un valore di € , non vantando egli una sufficiente competenza ed esperienza in materia di investimenti finanziari, tale da ipotizzare che egli potesse intercettare segnali di reale pericolo già in base all’estratto conto del 31 dicembre 2015 e assumere sulla base di ciò decisioni di disinvestimento, così come invece ritenuto dal resistente. Pertanto, il ricorrente ha diritto al risarcimento della somma di €                 , che deve essere rivalutata dalla data dell’operazione alla data dell’odierna decisione, per €                    , e maggiorata di interessi legali da quest’ultima data sino al saldo.

PQM

In parziale accoglimento del ricorso, il Collegio dichiara l’intermediario tenuto a risarcire al ricorrente il danno, per l’inadempimento descritto in narrativa, nella misura complessiva, comprensiva dunque di rivalutazione monetaria sino alla data della decisione, di €                 ,  oltre a interessi legali dalla stessa data sino al soddisfo, e fissa il termine per l’esecuzione in trenta giorni dalla ricezione della decisione. Entro lo stesso termine l’intermediario comunica all’ACF gli atti realizzati al fine di conformarsi alla decisione, ai sensi dell’art. 16, comma 1, del regolamento adottato dalla Consob con delibera n. 19602 del 4 maggio 2016. L’intermediario è tenuto a versare alla Consob la somma di € 400,00, ai sensi dell’art. 18, comma 3, del citato regolamento, adottato con delibera n. 19602 del 4 maggio 2016, secondo le modalità indicate nel sito istituzionale www.acf.consob.it, sezione “Intermediari”.

Il Presidente