Tribunale Milano sez. I  27 gennaio 2015    

In tema di responsabilità medica, la sentenza in esame si è pronunciata sulla risarcibilità del danno parentale non patrimoniale (morale) a favore dei parenti non compresi nella “famiglia nucleare” (nonni, nipoti, genero, nuora) del danneggiato [1].

La dedisione va nella direzione dell’esclusione del diritto al risarcimento, qualora non vi sia stata la convivenza con il danneggiato . Il provvedimento  del Tribunale di Milano si allinea con il recente indirizzo della giurisprudenza della Cassazione [2].

Invero, ad avviso dello scrivente, una così rigida interpretazione si appalesa come ingiusta rispetto a quei casi in cui un forte o fortissimo legame affettivo abbia contraddistinto il rapporto tra la vittima dell’illecito ed il parente  non convivente.       Le vicende  umane, soprattutto nei rapporti famigliari, sono così variegate, ed i rapporti affettivi e sentimentali così complessi, che non si può sostenere, come fa la Suprema Corte, che il connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l’intimità delle relazioni di parentela sia dato dalla convivenza.

Si pensi, solo per fare un esempio, ai casi in cui i nonni abbiano di fatto allevato i nipoti affidatigli dai genitori, magari per anni; l’intimità tra loro venutasi a creare è di tale rilievo da prescindere sicuramente dalla coabitazione.

Non si può assolutamente escludere la sussisenza del danno morale o biologico psichico riflesso in capo ad un nonno per la perdita del nipote e viceversa. Caso mai la questione va affrontata in termini di onere della prova.

Se la prova del danno riflesso in capo ai congiunti stretti può acquisirsi anche per presunzioni e secondo il principio dell’ ”id quod plerumque accidit”, in presenza di un rapporto di grado inferiore, il parente o l’affine che reclama il risarcimento del danno, deve essere tenuto a dare la prova di aver avuto una particolare intimità con il danneggiato primario e di aver patito conseguenze morali o psichiche a causa dell’evento dannoso.

Detta prova potrà essere data in sede di causa attraverso testimonianze o produzioni di documenti scritti (lettere) ecc.

Non si può invece limitare i casi di risarcimento alla mera ipotesi di convivenza tra i congiunti senza una ulteriore indagine.     Invero le limitazioni poste dalla giurisprudenza tendono al contenimento dei risarcimenti dovuti dal responsabile civile; una eccessiva apertura avrebbe forse un impatto socio-economico ripercuotendosi sui premi assicurativi.

Tuttavia, tenuto conto che una limitazione aprioristica appare ingiustificata sotto il profilo della tutela dei diritti garantiti dalla Costituzione (art.2), appare più equilibrato non porre alcun limite alla prova del danno, ma piuttosto equilibrare i risarcimenti, in punto quantum, operando le normali differenziazioni tra i danneggiati secondo il grado di parentela.

 Luigi Riccio

 [1] “In tema responsabilità medica e di danni risarcibili ai prossimi congiunti, affinché possa ritenersi leso il rapporto parentale di soggetti al di fuori della famiglia nucleare (nonni, nipoti, genero, nuora) è necessaria la convivenza, quale connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l’intimità dei rapporti parentali, anche allargati, caratterizzati da reciproci vincoli affettivi, di pratica della solidarietà, di sostegno economico. Solo in tal modo il rapporto tra danneggiato primario e secondario assume rilevanza giuridica ai fini della lesione del rapporto parentale, venendo in rilievo la comunità familiare come luogo in cui, attraverso la quotidianità della vita, si esplica la personalità di ciascuno”  (Cass., sez. III, 16 marzo 2012 n. 4253; Cass., sez. III, 23 giugno 1993 n. 6938).

[2] “Il fatto illecito, costituito dalla uccisione del congiunto, dà luogo ad un danno non patrimoniale presunto, consistente nella perdita del rapporto parentale, allorché colpisce soggetti legati da uno stretto vincolo di parentela, la cui estinzione lede il diritto all’intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che caratterizza la vita familiare nucleare. Perché, invece, possa ritenersi risarcibile la lesione del rapporto parentale subita da soggetti estranei a tale ristretto nucleo familiare (quali i nonni, i nipoti, il genero, o la nuora) è necessario che sussista una situazione di convivenza, in quanto connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l’intimità delle relazioni di parentela, anche allargate, contraddistinte da reciproci legami affettivi, pratica della solidarietà e sostegno economico, solo in tal modo assumendo rilevanza giuridica il collegamento tra danneggiato primario e secondario, nonché la famiglia intesa come luogo in cui si esplica la personalità di ciascuno, ai sensi dell’art. 2 Cost.” … “Il nipote “ex filio” di persona deceduta per colpa altrui può esigere dal responsabile il risarcimento del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale, patito per la morte dell’avo, solo nel caso convivesse con quest’ultimo, dovendosi altrimenti escludere la giuridica rilevanza della rottura del rapporto nonno-nipote ai fini del risarcimento del danno sia patrimoniale che non patrimoniale ”. Cassazione civile    sez. III, 16/03/2012, n.4253